martedì 1 ottobre 2019

Prefazione a "Internet non ci basta più" di Carlo Santori


Prefazione al volume: Internet non ci basta più
Non occorre avere cinque anni consecutivi di presidenza degli Esami di Stato nella Scuola Media (come è capitato a chi scrive, dopo la pensione da Dirigente Scolastico nei Licei) per apprezzare a fondo l’immersione in apnea nella realtà degli adolescenti millenial, operata dai tre autori di questo libro (due quattordicenni affiancati da un autore con una consolidata esperienza editoriale) decisamente intrigante e fresco come una ventata di primavera, che spinge lo scandaglio in profondità, ma con affettuosa partecipazione, su un mondo di ingenuità velleitaria, di ansie e smarrimenti, di gossip e di sogni, ma anche di consapevolezza e determinazione.
Un mondo dove la priorità è il rapporto con gli amici e con i social (quel cellulare onnipresente giorno e notte!), mentre il problema è il rapporto con i genitori, oscillante fra i due poli dell’affetto e dell’insofferenza, e quello con la scuola e i professori. È la storia di un passaggio epocale e difficile verso l’agognata meta dei quattordici anni, che fa sentire “grandi” di colpo perché segna il passaggio alle “superiori” da un lato e il possibile accesso al “Cinquantino” dall’altro.
È una storia che vede due adolescenti, forse un po’ più vispi della media, muoversi alla scoperta del mondo e dell’amore fino a compiere il passo un po’ più lungo della gamba quando, con la complicità di amici fedeli e compiacenti, e a seguito di un piano studiato nei minimi dettagli (con particolari degni di Woody Allen in «Radio days») decidono di evadere dalla routine e di incontrarsi finalmente di persona. Già perché la loro conoscenza è tutta virtuale, mediata dai social e dal computer: Miranda (emiliana, carina con i jeans strappati il giusto per non spaventare i nonni milanesi che sono un po’ antiquati), e Francesco (toscano: Francy_the_player nel suo trafficatissimo profilo Instagram) si trovano invischiati in un intreccio di messaggi che porta inevitabilmente alla decisione di «rompere lo schermo» quando «internet non basta più» e scoppia prepotente il bisogno di un incontro nel mondo reale. Meta, a mezza strada: l’Abetone, da raggiungere naturalmente in bicicletta, non avendo i due complici la disponibilità del «Cinquantino»!
Alla loro romantica bagna di adrenalina, fa da contraltare la comprensibile agitazione delle rispettive famiglie, con relativo coinvolgimento dei Carabinieri dell’una e dell’altra parte dell’Appennino: l’immancabile lieto fine è tutto da godere, magistralmente condotto com’è sul filo di una simpatica ironia nell’interpretare il triplice gap generazionale (nonni, genitori, e figli) con un assist per il capitano dei carabinieri che rompe ai ragazzi le uova nel paniere, ma non può fare a meno di ammirarne l’intraprendenza: «Il brigadiere torna in poco tempo e distende la cartina sulla scrivania che, nel frattempo, il capitano ha liberato dalle scartoffie, poi gli porge il compasso. Il capitano Breviglieri lo apre con gesto quasi solenne poi lo posiziona sulla cartina muovendolo con maestria finché gli sfugge un quasi urlo di gioia: Qui, si incontreranno qui, all’Abetone! È praticamente a metà strada ed è sul confine tra le due regioni. Noi saremo lì ad accoglierli quando arriveranno e li porteremo in trionfo: sono troppo intelligenti quei due ragazzini, non meritano punizioni bensì ammirazione».
Così il romanzo vira, nel finale, verso il thriller molto sui generis, ma si impone per ben altri motivi in quanto mantiene assai più di quanto non prometta il titolo. Intanto perché conduce il lettore all’esplorazione del vissuto quotidiano di famiglie «normali» con le loro regole, i loro problemi di vita e i loro codici di comportamento e quindi perché, mentre ne passa in arguta rassegna le opere e i giorni, contrabbanda qua e là vere e proprie lezioni di storia dell’arte in pagine che sembrano uscite dal «Minuzzolo» di Collodi, ma con mano più leggera e senza inopportune pedanterie. Il convergente e accidentato itinerario dei due fuggitivi veicola, d’altra parte, esaurienti, anzi esaustive descrizioni di luoghi indimenticabili e fascinosi dell’Appennino tosco-emiliano.
Si aggiunga la felice individuazione dei personaggi di contorno: parenti, professori e amici (fra i quali spicca il «vecchio» Davide, sedicenne con un drammatico segreto che ne condiziona il comportamento) e si avrà la misura del classico libro che si legge tutto d’un fiato.
Claudio Santori

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