venerdì 2 dicembre 2016

Referendum: per evitare di finire bolliti come le rane

Il mio approccio alle modifiche costituzionali è stato quello di un uomo libero, spoglio da pregiudizi, curioso e desideroso di capire perché il governo ci tenesse tanto a cambiare la Costituzione. All’inizio avevo commesso l’errore di non sovrapporre la riforma all’Italicum, poi l’ho fatto e ho capito che i due provvedimenti sono stati pensati insieme e sono complementari. Non a caso entrambi hanno avuto un’accelerazione dopo la sbornia di voti al PD alle Europee 2014. Con una legge elettorale proporzionale la riforma resterebbe comunque un pasticcio irricevibile, ma perderebbero d’importanza i pericoli nascosti qua e là nel testo.
I tre pilastri
L’Italicum assegna al partito che vince le elezioni (potrebbe essere un partito del 25%) la maggioranza assoluta dei seggi alla camera e, guarda caso, sarà solo la camera a votare la fiducia al governo. I poteri del governo non vengono modificati, dice la propaganda del Si. E’ una bugia. Un partito solo controllerà la camera che voterà la fiducia al governo che avrà anche corsie preferenziali per far approvare leggi di sua iniziativa su alcune materie. Lo stesso governo, grazie alla “clausola di supremazia dello stato” potrà intervenire su provvedimenti delle regioni. Se il premier è anche segretario del partito vincitore delle elezioni, avremo un segretario di partito che controlla Camera e governo, due dei tre pilastri su cui poggiano le moderne democrazie. Altro che nuovi poteri: se passerà la riforma rischieremo di avere un uomo solo al comando.
In parlamento ci saranno anche le opposizioni. Certo, ma leggete cosa recita l’art. 64 modificato. “Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti”. Questa parte è rimasta immutata. La seguente invece è stata aggiunta. “I regolamenti delle Camere garantiscono i diritti delle minoranze parlamentari. Il regolamento della Camera dei deputati disciplina lo statuto delle opposizioni”. Chi ha la maggioranza alla Camera? Ma il partito-governo, accipicchia!, che potrà scrivere e far approvare anche le regole che riguardano i diritti delle opposizioni. La Corte Costituzionale non approverebbe leggi palesemente incostituzionali. Giusto, ma qui la nuova Costituzione mostra un’altra falla (voluta?). Potrebbe il partito-governo eleggere una Corte Costituzionale “fidata”? Ho studiato, fatto calcoli e formulato ipotesi tenendo pure conto della pratica del “cambio di casacca” e sono giunto alla conclusione che sarebbe difficile, ma non impossibile eleggere un Presidente della Repubblica “fidato” cui far nominare 5 Giudici “fidati”. Gli altri li eleggono: 3 la Camera (dove, non scordiamolo, il partito-governo ha la maggioranza assoluta), 2 il Senato, 5 le Supreme Magistrature. Ripeto, difficile e occorrerebbe pure un certo lasso di tempo (es. non finché in carica resterà Mattarella), ma dopo? Come si vede, la questione è un po’ meno semplice e idilliaca di come ce la racconta la propaganda del Si .
La prima parte non viene modificata. Giusto, ma sarà sufficiente ignorarla, come in parte accade già ora. Art. 1: “L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Vi sembra che sia applicato?

Non mi sono accontentato di ragionare sulla riforma e sull’Italicum, così mi sono riletto il “Piano di rinascita democratica” della P2 di Licio Gelli e il documento diffuso nel 2013 da JPMorgan, il colosso bancario denunciato nel 2012 dal governo federale americano perché ritenuto responsabile della crisi. Ho così scoperto che alcuni dei provvedimenti adottati dai governi negli ultimi anni sono indicati nel programma di Gelli così come alcune cose fatte da Renzi (es. il JobsAct) trovano ispirazione nel documento della JPMorgan. Non mi sono fermato qui. Ho preso in esame il quinquennio 1921-25 e ho focalizzato l’attenzione sulla legge Acerbo. A questo proposito, per non tenerla troppo lunga, invito a leggere un illuminante articolo di Federico Dezzani dal titolo: “La legge Acerbo si ripete, con la farsa Italicum”. Si può trovare facilmente in rete.
La legge elettorale Acerbo, con la sua imposizione fortemente maggioritaria, è quindi propedeutica alla nascita del partito-nazione, una lista di sintesi nazionale, oppure, per usare un termine attuale, un Partito della Nazione”, scrive Dezzani. Vi ricorda qualcosa?
Potrò sembrare pessimista o allarmista, invece mi sforzo soltanto di essere realista. Per 70 anni la Costituzione è stata l’ombrello protettivo della nostra democrazia; così modificata, come abbiamo visto, rischia di non esserlo più. Nel corso delle mie riflessioni non ho pensato a me che ormai sono a fine corsa, ho guardato al futuro, ai giovani. Una Costituzione è fatta per durare, cosa ne sappiamo di cosa potrà accadere tra 10, 20, 30 anni? Chi potrà vincere le elezioni e impossessarsi del potere? Alle moderne dittature non servono manganelli e olio di ricino, basta il controllo delle istituzioni, dei mezzi d’informazione e del sistema produttivo attraverso imprenditori amici. Credo ci sia di che riflettere. C’è poi una domanda rimasta senza risposta: “Perché, volendo risparmiare, non hanno dato una bella sforbiciata ai compensi di tutti i parlamentari invece di ridimensionare il Senato togliendo agli Italiani il diritto di eleggerlo?”
Non si vota pro o contro Renzi, ma…
Anche se Renzi ha trasformato il referendum in un Si o un No su di lui, domenica si approvano o si respingono le modifiche costituzionali, quindi, indipendentemente dal risultato, il governo potrà durare fino al 2018, poi decideranno gli Italiani. Ciò premesso, alcune riflessioni su ciò che è accaduto negli ultimi anni è giusto compierle. Con i governi Monti e Renzi la destra industriale e finanziaria si è presa molte rivincite e non per caso il mondo degli affari sostiene a spada tratta il Si. Quello è un mondo che non dà nulla per nulla: vuole qualcosa in cambio. E cosa mai? A quel mondo lì non interessa creare lavoro o concedere diritti, il suo unico obiettivo è il profitto e per realizzarlo in fretta ha bisogno di governi obbedienti, di parlamenti veloci e di un’opposizione debole o inesistente. Negli ultimi tempi ne abbiamo viste davvero delle belle, tanto che qualcuno ha usato la parola “trasformismo”. Effettivamente è inconcepibile come la stessa persona possa essere andata in piazza per conquistare lo Statuto dei diritti dei lavoratori e oggi giudichi positivamente il Jobs Act e la soppressione dell’art. 18; che fino a ieri invocasse l’applicazione piena della Costituzione e oggi approvi questi stravolgimenti; che 10 anni fa chiedesse voti contro le modifiche tentate da Berlusconi e oggi li chieda per approvare modifiche che, nella sostanza, non sono migliori. Ma, soprattutto, il paese ha continuato a soffrire e a perdere fiducia. Renzi invoca un voto per cambiare, ma è lì da quasi tre anni: chi gli ha impedito di farlo? Chi gli ha impedito di togliere il freno che, stando alla propaganda del SI, bloccherebbe il paese? Ha fatto approvare tutte le leggi che ha voluto. La verità è che la crisi che ci attanaglia da 8 anni è figlia di questo sfrenato liberismo che chiamano globalizzazione. E’ sciocco pensare e far credere che se ne possa uscire con ricette ispirate dal medesimo sistema. Non se ne esce stravolgendo la Costituzione, ma cambiando politiche e classe dirigente. Prendiamone atto: Renzi e la nuova casta che si è formata intorno a lui non sono la soluzione del problema, sono il problema. La vittoria del No è propedeutica al cambiamento vero, da realizzare con le elezioni del 2018.
Il principio della rana bollita (di Noam Chomsky). Immaginate un pentolone pieno d’acqua fredda nel quale nuota tranquillamente una rana. Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare. La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda. Un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po’, tuttavia non si spaventa. L’acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce - semplicemente - morta bollita.
Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell’acqua a 50° avrebbe dato un forte colpo di zampa, sarebbe balzata subito fuori dal pentolone.
Questa esperienza mostra che - quando un cambiamento si effettua in maniera sufficientemente lenta - sfugge alla coscienza e non suscita - per la maggior parte del tempo - nessuna reazione, nessuna opposizione, nessuna rivolta.
Se guardiamo ciò che succede nella nostra società da alcuni decenni, ci accorgiamo che stiamo subendo una lenta deriva alla quale ci abituiamo. Un sacco di cose, che ci avrebbero fatto orrore 20, 30 o 40 anni fa, a poco a poco sono diventate banali, edulcorate, e - oggi - ci disturbano solo leggermente o lasciano decisamente indifferenti la gran parte delle persone. In nome del progresso e della scienza, i peggiori attentati alle libertà individuali, alla dignità della persona, all’integrità della natura, alla bellezza ed alla felicità del vivere, si effettuano lentamente ed inesorabilmente con la complicità costante delle vittime, ignoranti o sprovvedute.
I foschi presagi annunciati per il futuro, anziché suscitare delle reazioni e delle misure preventive, non fanno altro che preparare psicologicamente il popolo ad accettare le condizioni di vita decadenti, perfino drammatiche.
Il permanente ingozzamento di informazioni da parte dei media satura i cervelli che non riescono più a discernere, a pensare con la loro testa.
Allora non siate come la rana, già mezzo bolliti, date il colpo di zampa salutare, prima che sia troppo tardi!”.
Domenica, votando NO, abbiamo l’occasione per dare il nostro salutare colpo di zampa. Non sono ottimista. E’ una battaglia tra Davide (il No) e Golia (il Si) e sarà difficilissimo che Davide prevalga. Troppo sbilanciati i mezzi a disposizione. Troppo squilibrata l’informazione. Troppe interferenze (interessate) da ogni parte del Globo. Troppa propaganda in rete costruita ad arte da chi sa che la pubblicità è l’anima del commercio. Troppe promesse ed elemosine elettorali. Troppe minacce di catastrofi nel caso vinca il No. Potrebbe però scattare una sorta di rigetto rispetto a una propaganda troppo invadente e a un Presidente del Consiglio diventato una presenza ossessiva. Ci manca solo di trovarlo sotto il letto! Domenica si potrebbe innescare una reazione democratica, capace di far riemergere la parte migliore del paese, quella che vuole contare e decidere, non delegare a un uomo solo. Diventerebbe così possibile creare un nuovo patto sociale, capace di riunire il paese, oggi spaccato in due dal referendum e di farlo ripartire davvero. Se saremo capaci di dare questa zampata democratica, si apriranno nuovi orizzonti. Di fronte a un popolo che unito grida: “Io ci sono!”, i menagramo battono in ritirata. Ce lo insegna la storia. Abbiamo tempo fino a domenica per convincere gli indecisi a votare NO, così da poter poi dire ai nostri figli e nipoti: “Io c’ero in quel nuovo 25 aprile!”
P.S. Leggo che, finalmente, anche Bersani ha capito che è saggio non stare sereni.

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