Il mio approccio alle
modifiche costituzionali è stato quello di un uomo libero, spoglio
da pregiudizi, curioso e desideroso di capire perché il governo ci
tenesse tanto a cambiare la Costituzione. All’inizio avevo commesso
l’errore di non sovrapporre la riforma all’Italicum, poi l’ho
fatto e ho capito che i due provvedimenti sono stati pensati insieme
e sono complementari. Non a caso entrambi hanno avuto
un’accelerazione dopo la sbornia di voti al PD alle Europee 2014.
Con una legge elettorale proporzionale la riforma resterebbe comunque
un pasticcio irricevibile, ma perderebbero d’importanza i pericoli
nascosti qua e là nel testo.
I tre pilastri
L’Italicum assegna al
partito che vince le elezioni (potrebbe essere un partito del 25%) la
maggioranza assoluta dei seggi alla camera e, guarda caso, sarà solo
la camera a votare la fiducia al governo. I poteri del governo non
vengono modificati, dice la propaganda del Si. E’ una bugia. Un
partito solo controllerà la camera che voterà la fiducia al governo
che avrà anche corsie preferenziali per far approvare leggi di sua
iniziativa su alcune materie. Lo stesso governo, grazie alla
“clausola di supremazia dello stato” potrà intervenire su
provvedimenti delle regioni. Se il premier è anche segretario del
partito vincitore delle elezioni, avremo un segretario di partito che
controlla Camera e governo, due dei tre pilastri su cui poggiano le
moderne democrazie. Altro che nuovi poteri: se passerà la riforma
rischieremo di avere un uomo solo al comando.
In parlamento ci saranno
anche le opposizioni. Certo, ma leggete cosa recita l’art. 64
modificato. “Ciascuna Camera adotta il
proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti”.
Questa parte è rimasta immutata. La seguente
invece è stata aggiunta. “I regolamenti
delle Camere garantiscono i diritti delle minoranze parlamentari. Il
regolamento della Camera dei deputati disciplina lo statuto delle
opposizioni”. Chi ha la maggioranza alla
Camera? Ma il partito-governo, accipicchia!, che potrà scrivere e
far approvare anche le regole che riguardano i diritti delle
opposizioni. La Corte Costituzionale non approverebbe leggi
palesemente incostituzionali. Giusto, ma qui la nuova Costituzione
mostra un’altra falla (voluta?). Potrebbe il partito-governo
eleggere una Corte Costituzionale “fidata”? Ho studiato, fatto
calcoli e formulato ipotesi tenendo pure conto della pratica del
“cambio di casacca” e sono giunto alla conclusione che sarebbe
difficile, ma non impossibile eleggere un Presidente della Repubblica
“fidato” cui far nominare 5 Giudici “fidati”. Gli altri li
eleggono: 3 la Camera (dove, non scordiamolo, il partito-governo ha
la maggioranza assoluta), 2 il Senato, 5 le Supreme Magistrature.
Ripeto, difficile e occorrerebbe pure un certo lasso di tempo (es.
non finché in carica resterà Mattarella), ma dopo? Come si vede, la
questione è un po’ meno semplice e idilliaca di come ce la
racconta la propaganda del Si .
La prima parte non viene
modificata. Giusto, ma sarà sufficiente ignorarla, come in parte
accade già ora. Art. 1: “L’Italia è una
repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene
al popolo, che la esercita nelle forme e nei
limiti della Costituzione”. Vi sembra che
sia applicato?
Non mi sono accontentato
di ragionare sulla riforma e sull’Italicum, così mi sono riletto
il “Piano di rinascita democratica” della P2 di Licio Gelli e il
documento diffuso nel 2013 da JPMorgan, il colosso bancario
denunciato nel 2012 dal governo federale americano perché ritenuto
responsabile della crisi. Ho così scoperto che alcuni dei
provvedimenti adottati dai governi negli ultimi anni sono indicati
nel programma di Gelli così come alcune cose fatte da Renzi (es. il
JobsAct) trovano ispirazione
nel documento della JPMorgan. Non mi sono fermato qui. Ho preso in
esame il quinquennio 1921-25 e ho focalizzato l’attenzione sulla
legge Acerbo. A questo proposito, per non tenerla troppo lunga,
invito a leggere un illuminante articolo di Federico Dezzani dal
titolo: “La legge Acerbo si ripete, con la farsa Italicum”. Si
può trovare facilmente in rete.
“La legge
elettorale Acerbo, con la sua imposizione fortemente maggioritaria, è
quindi propedeutica alla nascita del partito-nazione,
una lista di sintesi nazionale, oppure,
per usare un termine
attuale, un Partito
della Nazione”, scrive
Dezzani. Vi ricorda qualcosa?
Potrò sembrare
pessimista o allarmista, invece mi sforzo
soltanto di essere realista.
Per 70 anni la Costituzione è stata l’ombrello protettivo della
nostra democrazia; così modificata, come abbiamo visto, rischia di
non esserlo più. Nel corso delle mie riflessioni non ho pensato a me
che ormai sono a fine corsa, ho guardato al futuro, ai giovani. Una
Costituzione è fatta per durare, cosa ne sappiamo di cosa potrà
accadere tra 10, 20, 30 anni? Chi potrà vincere le elezioni e
impossessarsi del potere? Alle moderne dittature non servono
manganelli e olio di ricino, basta il controllo delle istituzioni,
dei mezzi d’informazione e del sistema produttivo attraverso
imprenditori amici. Credo ci sia di che riflettere. C’è poi una
domanda rimasta senza risposta: “Perché, volendo risparmiare, non
hanno dato una bella sforbiciata ai compensi di tutti i parlamentari
invece di ridimensionare il Senato togliendo agli Italiani il diritto
di eleggerlo?”
Non si vota pro o
contro Renzi, ma…
Anche se Renzi ha
trasformato il referendum in un Si o un No su di lui, domenica si
approvano o si respingono le modifiche costituzionali, quindi,
indipendentemente dal risultato, il governo potrà durare fino al
2018, poi decideranno gli Italiani. Ciò premesso, alcune riflessioni
su ciò che è accaduto negli ultimi anni è giusto compierle. Con i
governi Monti e Renzi la destra industriale e finanziaria si è presa
molte rivincite e non per caso il mondo degli affari sostiene a spada
tratta il Si. Quello è un mondo che non dà nulla per nulla: vuole
qualcosa in cambio. E cosa mai? A quel mondo lì non interessa creare
lavoro o concedere diritti, il suo unico obiettivo è il profitto e
per realizzarlo in fretta ha bisogno di governi obbedienti, di
parlamenti veloci e di un’opposizione debole o inesistente. Negli
ultimi tempi ne abbiamo viste davvero delle belle, tanto che qualcuno
ha usato la parola “trasformismo”. Effettivamente è
inconcepibile come la stessa persona possa essere andata in piazza
per conquistare lo Statuto dei diritti dei lavoratori e oggi giudichi
positivamente il Jobs Act e la soppressione dell’art. 18; che fino
a ieri invocasse l’applicazione piena della Costituzione e oggi
approvi questi stravolgimenti; che 10 anni fa chiedesse voti contro
le modifiche tentate da Berlusconi e oggi li chieda per approvare
modifiche che, nella sostanza, non sono migliori. Ma, soprattutto, il
paese ha continuato a soffrire e a perdere fiducia. Renzi invoca un
voto per cambiare, ma è lì da quasi tre anni: chi gli ha impedito
di farlo? Chi gli ha impedito di togliere il freno che, stando alla
propaganda del SI, bloccherebbe il paese? Ha fatto approvare tutte le
leggi che ha voluto. La verità è che la crisi che ci attanaglia da
8 anni è figlia di questo sfrenato liberismo che chiamano
globalizzazione. E’ sciocco pensare e far credere che se ne possa
uscire con ricette ispirate dal medesimo sistema. Non se ne esce
stravolgendo la Costituzione, ma cambiando politiche e classe
dirigente. Prendiamone atto: Renzi e la nuova casta che si è formata
intorno a lui non sono la soluzione del problema, sono il problema.
La vittoria del No è propedeutica al cambiamento vero, da realizzare
con le elezioni del 2018.
Il principio della rana
bollita (di Noam Chomsky). “Immaginate un
pentolone pieno d’acqua fredda nel quale nuota tranquillamente una
rana. Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda pian
piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole e
continua a nuotare. La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda.
Un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po’,
tuttavia non si spaventa. L’acqua adesso è davvero troppo calda.
La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la
forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Intanto la
temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce -
semplicemente - morta bollita.
Se la stessa rana fosse
stata immersa direttamente nell’acqua a 50° avrebbe dato un forte
colpo di zampa, sarebbe balzata subito fuori dal pentolone.
Questa esperienza
mostra che - quando un cambiamento si effettua in maniera
sufficientemente lenta - sfugge alla coscienza e non suscita - per la
maggior parte del tempo - nessuna reazione, nessuna opposizione,
nessuna rivolta.
Se guardiamo ciò che
succede nella nostra società da alcuni decenni, ci accorgiamo che
stiamo subendo una lenta deriva alla quale ci abituiamo. Un sacco di
cose, che ci avrebbero fatto orrore 20, 30 o 40 anni fa, a poco a
poco sono diventate banali, edulcorate, e - oggi - ci disturbano solo
leggermente o lasciano decisamente indifferenti la gran parte delle
persone. In nome del progresso e della scienza, i peggiori attentati
alle libertà individuali, alla dignità della persona, all’integrità
della natura, alla bellezza ed alla felicità del vivere, si
effettuano lentamente ed inesorabilmente con la complicità costante
delle vittime, ignoranti o sprovvedute.
I foschi presagi
annunciati per il futuro, anziché suscitare delle reazioni e delle
misure preventive, non fanno altro che preparare psicologicamente il
popolo ad accettare le condizioni di vita decadenti, perfino
drammatiche.
Il permanente
ingozzamento di informazioni da parte dei media satura i cervelli che
non riescono più a discernere, a pensare con la loro testa.
Allora non siate
come la rana, già mezzo bolliti, date il colpo di zampa salutare,
prima che sia troppo tardi!”.
Domenica, votando
NO, abbiamo l’occasione per dare il nostro
salutare colpo di zampa. Non sono ottimista. E’ una battaglia tra
Davide (il No) e Golia (il Si) e sarà difficilissimo che Davide
prevalga. Troppo sbilanciati i mezzi a disposizione. Troppo
squilibrata l’informazione. Troppe interferenze (interessate) da
ogni parte del Globo. Troppa propaganda in rete costruita ad arte da
chi sa che la pubblicità è l’anima del commercio. Troppe promesse
ed elemosine elettorali. Troppe minacce di catastrofi nel caso vinca
il No. Potrebbe però scattare una sorta di rigetto rispetto a una
propaganda troppo invadente e a un Presidente del Consiglio diventato
una presenza ossessiva. Ci manca solo di trovarlo sotto il letto!
Domenica si potrebbe innescare una reazione democratica, capace di
far riemergere la parte migliore del paese, quella che vuole contare
e decidere, non delegare a un uomo solo. Diventerebbe così possibile
creare un nuovo patto sociale, capace di riunire il paese, oggi
spaccato in due dal referendum e di farlo ripartire davvero. Se
saremo capaci di dare questa zampata democratica, si apriranno nuovi
orizzonti. Di fronte a un popolo che unito grida: “Io ci sono!”,
i menagramo battono in ritirata. Ce lo insegna la storia. Abbiamo
tempo fino a domenica per convincere gli indecisi a votare NO,
così da poter poi dire ai nostri figli e nipoti: “Io c’ero in
quel nuovo 25 aprile!”
P.S. Leggo che,
finalmente, anche Bersani ha capito che è saggio non stare sereni.
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